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Guerra, informazione e censura
di Giorgio Casera


Michele Santoro con Paolo Confalonieri e Elio De Capitani Michele Santoro con Elio De Capitani

Dev'essere stata una giornata faticosa, ieri, per Michele Santoro, come si addice ad un candidato alle elezioni a dieci giorni dal voto, ma agli spettatori del suo intervento nella Casa della Cultura in tarda serata non è sembrato meno grintoso e lucido di quando dagli schermi TV denunciava le malefatte del potere politico ed economico.
A Monza dal pomeriggio per parlare di libertà e censura alla Festa dell'Unità, ha proseguito in serata, come detto, per partecipare ad una manifestazione organizzata da “Monza per l'Ulivo” avente per oggetto lo stato dell'informazione in Italia. Tema considerato con molta attenzione (o meglio apprensione, di questi tempi) dall'Associazione, non tanto in generale per i noti riflessi informazione – formazione del consenso in democrazia, quanto per la ancor più nota situazione che si è venuta a creare in Italia con il quasi monopolio berlusconiano nel settore dei media.

Santoro ha affrontato l'argomento partendo dall'attualità, dalla guerra. In passato le immagini degli effetti della guerra (le macerie della seconda guerra mondiale, Hiroshima dopo la bomba, il Vietnam) hanno fatto nascere l'aspirazione alla Pace. Cioè l'informazione ha creato quella consapevolezza che ha prodotto quel convincimento. Capito il meccanismo è comprensibile come il potere (politico od economico) di pochi scrupoli sia tentato di farne un uso distorto o manipolato: è il caso ad esempio, sempre per restare alla guerra, dei giornalisti "intruppati” nelle unità degli eserciti in Iraq, perché raccontino quello che il comando vuole. Per giustificare l'uso della forza, dove non ci sono razionali giustificazioni. Il problema è che chi sa esercitare solo la forza è molto bravo a distruggere ma non altrettanto a ricostruire (ancora riferimento all'Iraq ma anche a Sharon in M.O.). Altro problema è che non si riesce a “gestire” tutte le fonti di informazione, saremmo in una classica dittatura, e qui parliamo dell'America, consolidata democrazia nonostante Bush, dove spuntano le foto delle numerose bare di soldati americani caduti dopo la “vittoria” dell'anno scorso oppure quelle terrificanti sulla tortura, e allora la credibilità del potere vacilla. Sintomatico il caso del New York Times, inizialmente allineato col governo sulla necessità della guerra in Iraq, che si è scusato con i suoi lettori per aver creduto alle “bufale” delle armi di sterminio di massa con quel che ne è seguito.

Dall'Iraq al caso italiano. Secondo Santoro Berlusconi ha mandato le truppe per brillare di luce riflessa (da Bush). Francia e Germania hanno detto no, la Spagna si è ritirata, la Gran Bretagna è sempre stata in mezzo all'Atlantico, a Berlusconi non è sembrato vero di essere il più importante alleato “europeo” dell'uomo più potente del mondo. Ha sentito il fascino della forza perché è il primo che la esercita, contro i deboli e contro quelli che si ostinano a rispettare le regole. Indipendentemente dalla vera considerazione di Bush, è l'immagine che viene proiettata che conta.
In Italia le modalità di esercizio della forza sono il monopolio dell'informazione e l'uso (o l'abuso) della carica istituzionale. Santoro cita il caso di La7, rete TV di Telecom che Colannino voleva lanciare con l'obiettivo di raggiungere il 5% di share. Ebbene, anche una erosione marginale dei profitti di Mediaset pareva intollerabile al Nostro. Risultato oggi: Telecom è stata acquisita da Tronchetti Provera, La7 si accontenta di uno share del 2% e il programma cardine è un talk show con Giuliano Ferrara protagonista. Perchè Tronchetti sa che l'unico con risorse per scalare Telecom è proprio Berlusconi.
E poi, inevitabilmente, ha parlato di RAI. Al di là di quello che vediamo (o ci rifiutiamo di vedere) ogni giorno, Santoro ha elencato i retroscena, le nomine nelle posizioni strategiche di uomini di Forza Italia o di Mediaset con l'esplicito messaggio secondo cui la RAI non potrà fare concorrenza a Mediaset e sarà come programmazione sempre più uguale a Mediaset. Col risultato che le persone più avvedute spegneranno il televisore e leggeranno un libro, magari, mentre i più deboli, culturalmente, o quelli troppo stanchi per cercare alternative si sorbiranno la cultura di Berlusconi: illegalità, furbizia, scorrettezza, culto dell'immagine (di sola facciata).

Ora, metà degli Italiani ha capito la situazione, ma, dai sondaggi, emerge l'altra metà che sta a guardare. Insomma, sembra che non sia ancora compiuta la profezia di Montanelli secondo cui per guarire dal berlusconismo, bisogna passarci.
Per questo esorta i presenti a dare un segnale in occasione delle prossime elezioni, “a testata multipla”: dare il massimo dei voti al Listone, evitando di incoraggiare la nomenclatura dei piccoli partiti a sopravvivere per sé stessi, stimolare un rinnovamento della classe politica (prendiamo esempio dalla Spagna, Zapatero ha 47 anni!), e infine tenere a mente che la vittoria è importante ma la dignità lo è di più.

Giorgio Casera

il pubblico in sala


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  4 giugno 2004